Home / Benessere / Arriva un bambino: qual è l’importanza dell’educazione di genere all’interno di un nucleo famigliare

Arriva un bambino: qual è l’importanza dell’educazione di genere all’interno di un nucleo famigliare

Le aspettative

Esistono vecchi modi di dire, tra cui diversi sono tutt’oggi in uso, riguardanti l’attesa di un figlio:

-se la gestante infila le punte delle forbici nell’occhio del setaccio e gira a destra, sarà maschio, se gira a sinistra sarà femmina;
-se una monetina infilata nella schiena sotto i vestiti della madre cade a testa in su sarà maschio;
-se tirando in due la forcella di pollo e alla gravida resta in mano il pezzo più lungo, nascerà un maschio;
-se alla gestante si chiede “cos’hai in mano?” e lei si guarda la mano destra sarà maschio;
-se la donna vive la gravidanza di buonumore, nascerà un  bel maschietto;
-se  la gestante ha un colorito roseo, e pare divenire più bella, sarà maschio, invece nascerà femmina -se il colorito è pallido o se compaiono problemi alla pelle.

In generale se il corso della gravidanza risulta difficile (gonfiore alle gambe, nausee prolungate ecc.) sarà femmina.
La caratteristica comune di questi vecchi e non tanto obsoleti detti è che gli indizi che annuncerebbero la nascita di un maschio sono positivi, mentre tutto ciò che risulterebbe negativo preannuncerebbe la nascita di una femmina!
A seguito di alcune interviste proposte a genitori in attesa è risultato che si preferisce un maschio per l’autorità che può avere all’interno della famiglia e  per quello che realizzerà nel futuro; invece chi preferirebbe una femmina afferma che “da più soddisfazione vestirle”, che aiutano nelle faccende domestiche, sono più affettuose e  sentono più la gratitudine.

La nascita

Le diverse aspettative porta a reazioni diverse quando ci si trova tra le braccia il neonato: questo porta i bambini  a compiere esperienze diverse.
In una ricerca del 1966 (Brunet e Lezine) il 34% delle madri rifiutava di nutrire al seno le figlie femmine, mentre tutte le madri di maschi allattavano: il condizionamento imponeva che al maschio venisse dato il meglio. In un intervista, un addetto dell’Istat, nel 2007 ha dichiarato che non esiste un corrispettivo attuale di questa ricerca perchè si ritiene che non ci siano differenze.
Il bambino imita e si identifica. L’imitazione è massima nei primi anni di vita: riproduce comportamenti osservati e li ripete; l’identificazione è un processo psicologico in cui un bambino assimila un aspetto di un altra persona e si trasforma in base a questo modello. Attraverso una serie di identificazioni si costituisce la personalità. Nell’imitazione c’è una ripetizione di comportamenti, ma con scarsa risonanza emotiva, nell’identificazione il bambino è spinto dal legame emotivo con l’altro a voler essere come lui.
Ogni condizionamento sessuale vive a patto che nell’altro sesso ne venga provocato uno opposto. La superiorità e la forza di un sesso si reggono sull’inferiorità e debolezza dell’altro. Se si smette di insegnare al maschio di dominare e alla femmina di essere dominata, emergono le espressioni individuali.

La crescita

In una ricerca del 2001-2002 è stato chiesto a dei bambini di quarta e quinta elementare di esprimere degli aggettivi per definirsi, in qualità di maschi e femmine.
Sia bambini che bambine usano l’aggettivo intelligente per definire il mondo maschile, mentre non compare per definire l’altro sesso (semmai brave ed educate). Da entrambe le parti, per la caratterizzazione delle femmine, sono numerosi gli aggettivi che definiscono l’aspetto fisico, le abilità alla cura e alla mediazione o addirittura alla vocazione domestica.
Emerge –sorprendentemente- che le bambine sono più prodighe di attributi negativi nei propri confronti: con evidenza, interiorizzano precocemente una cattiva considerazione di se stesse cosicchè “la creazione di un branco ostile a se stesso sia la causa prima della subordinazione femminile” (Lipperini, 2007).

Giochi e giocattoli

Hello Kitty e Gloomy Bear sono le due facce del mondo giocoso dei bambini: la grazia, l’innocenza, la fragilità e il silenzio (non ha la bocca) l’una; orsacchiotto assassino e violento che fa a pezzi i bambini l’altro. Sono giapponesi: l’orsetto è amatissimo in patria e sul web, la gattina ha fatto fortuna in tutto il mondo. La gatta e l’orso sono le due facce del gioco maschile e femminile.
Secondo i dati Istat (1999), per quanto riguarda il mondo dei giochi, inizialmente le cose sembrano procedere in parallelo. Da piccolissimi maschi e femmine amano le stesse cose: costruzioni, puzzle, disegno, giochi di movimento e manipolazione di plastilina. Ma presto troviamo conferma che la richiesta adulta di adesione ad un modello da frutti precoci: le bambine amano la simulazione di attività domestiche, i maschi preferiscono costruire e riparare oggetti. Nel 2005 l’Istat afferma che tra i 3 e  i 5 anni i giochi preferiti dalle femmine sono le bambole, disegnare, i pupazzi, le costruzioni, mentre per i maschi sono le automobiline, i trenini, disegnare, costruire, il pallone.
Storicamente la differenza di genere è stata accentuata tenendo ben separati ruoli, mansioni, poteri e questo indipendentemente dai tipi di società (tranne rare eccezioni), educando fin da piccoli maschi e femmine a comportarsi e vivere secondo modelli predefiniti, derivanti spesso da condizionamenti familiari, sociali e religiosi.
Il nostro compito ora è quello di  educare alla differenza di genere -prima di tutto- in famiglia: ciò significa capire come i genitori interpretano il loro essere uomini e donne, come trasmettono il loro giudizio ai figli e come questi recepiscono l’idea di differenza, decodificandola a loro volta, integrandola, creando, poi, nuovi modelli di maschilità e femminilità.
L’obiettivo è quello di trovare un modo di essere se stessi/ se stesse che sia rispettoso di sé e dell’altro/a, con la consapevolezza delle dinamiche negative in cui la relazione fra i generi si è strutturata storicamente nella nostra cultura, con la voglia di superarle.
L’educazione e la differenza devono dialogare.


Dott.ssa Erica Cossettini
[email protected]

Bibliografia

Beseghi E., Telmon V. (a cura di) (1992).Educazione al femminile: dalla parità alla differenza. Scandicci, La nuova Italia

Gianini Belotti E. (1973) Dalla parte delle bambine. L’influenza dei condizionamenti sociali nella formazione del ruolo femminile nei primi anni di vita, Milano, Feltrinelli.

Lipperini Loredana (2007) Ancora dalla parte delle bambine, Milano, Feltrinelli.

Ulivieri S. (a cura di) (2007). Educazione al femminile : una storia da scoprire. – Milano : Guerini scientifica.

Lascia un Commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.I campi obbligatori sono evidenziati *

*

7 + quattro =

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>