Tutti noi abbiamo un’idea di cosa sia l’autostima, anche se non ci siamo mai chiesti a che livello sia la nostra autostima e come mai pensiamo determinate cose di noi stessi. La parola autostima deriva dal greco antico autòs (se stesso) – tumè (sentire, provare) cioè una serie di sentimenti, emozioni, pensieri che una persona ha di sé, in altre parole l’immagine. Per esempio si può capire l’immagine che una persona ha di sé già dalla descrizione che può fare di se stesso, sulle proprie capacità, carattere, aspetto fisico, qualità o difetti e da qui vedere come uno si pensa.
Ma la “qualità” dell’immagine che abbiamo di noi non è per tutti la stessa, per alcuni è più positiva di altri e questo dipende dal fatto che questa serie di pensieri e sentimenti sono la risultante di più fattori che hanno un origine ben più antica della nostra età adulta. Si può affermare che fin da piccoli questa immagine inizia a formarsi dentro di noi.
Da piccoli interiorizziamo ciò che l’ambiente in cui viviamo ci comunica su noi stessi, le opinioni che gli adulti hanno nei nostri confronti e può accadere che il bambino cominci a considerarle realtà oggettive. Il risultato di questa interiorizzazione è che, anche quando tali figure non sono più fisicamente presenti, è come se il bambino, una volta cresciuto, continui a sentire le loro voci, le loro critiche, i loro commenti dentro di sè. Il problema nasce nel caso in cui questa sorta di “dialogo interno” sia denigratorio, esageratamente esigente e giudicante: questo provoca sensazioni spiacevoli, fa sentire inadeguati e porta a giudizi negativi su se stessi. Questo avviene soprattutto se il bambino ha interiorizzato, o comunque ha creato nel tempo, degli “standard” troppo elevati, delle idee poco realistiche su come vorrebbe essere, che influiranno, ad esempio, sugli obiettivi che andrà a porsi, rischiando un pericoloso circolo vizioso. Quindi, se gli standard sono molto alti, irraggiungibili, è facile che l’esperienza sarà quella di frequenti fallimenti e rari successi: ciò può essere tra le cause di una autostima bassa.
Il concetto che noi abbiamo riguardo alla nostra autostima condiziona anche il modo di vedere la realtà che ci circonda, come avessimo una lente che ci fa vedere e interpretare gli eventi in un certo modo. Questo modo di pensare si chiama attribuzione causale cioè a chi e/o a che cosa attribuiamo il merito o la causa degli eventi che ci riguardano. Ad esempio, se si deve affrontare una prova, un esame o un problema e il risultato non è positivo, la persona con una bassa autostima dirà che è colpa propria, che non vale niente, penserà di non essere all’altezza e tenderà all’autosvalutazione.
Ma come fare per migliorare la nostra autostima e quella dei nostri bambini? Innanzitutto partirei dalla conoscenza di sé: è opportuno che ognuno di noi conosca i propri difetti, limiti e punti deboli, ma allo stesso tempo sia consapevole delle proprie qualità, risorse, capacità punti di forza. Ognuno di noi ne ha, diverse e che si manifestano in modo diverso, ma non sempre ne siamo davvero consapevoli o non sappiamo come farle fruttare, venir fuori e potenziare. Ognuno di noi è diverso e a volte il paragone continuo con qualcun altro non serve e non è l’unico parametro per valutare i nostri risultati. Per quanto riguarda i bambini l’importante è valorizzare sempre e di continuo i successi e i piccoli grandi traguardi che raggiungono, trasmetter loro l’importanza di quello che hanno fatto o realizzato, e allo stesso tempo sottolineare le cose da migliorare con la consapevolezza che possono sempre contare sui genitori per un aiuto, un consiglio, un punto di riferimento.
D’altro canto, però, è importante, soprattutto per le persone e i ragazzi che hanno una bassa autostima, avere vicino una persona, che può essere il partner, un amico, un genitore, che svolga la funzione cosiddetta di specchio. Cosa fa lo specchio? Riflette la realtà tale e quale è, niente di più niente di meno. Cosa consiste fare da specchio? Intendo far vedere alla persona cara gli eventi nella loro realtà oggettiva, razionale, prendendo i meriti e gli errori del caso, riflettendoci su, per poter migliorare, se opportuno, e magari prendendo gli errori, quando possibile, con un po’ di leggerezza.
a cura della dott.ssa Caterina Sambo
esperienza terrificante
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