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Il Cammino di Santiago a misura di famiglia: la testimonianza della nostra amica Erica

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Quando incontrando la gente nomino il Cammino di Santiago in molti casi vedo accendersi nei loro occhi una fiammella di desiderio ed entusiasmo. E molto spesso sento dire “farlo è il mio sogno”.

E chi ha il privilegio di sentire la chiamata di Santiago, non può sottrarsi.

Ecco perché nonostante la logica ci dicesse di non farlo, abbiamo deciso di percorrere a piedi 250 km con nostra figlia, Jasna, di 2 anni e mezzo.

Dopo un’attenta analisi abbiamo deciso di intraprendere il cammino francese (la variante più nota del Cammino, che parte dai Pirenei) e di partire da Astorga, cittadina che si trova nella provincia del Leon e che dista 250 km da Santiago di Compostella.

Ci siamo attrezzati con un marsupio porta bimbi (adatto a quelli più grandi, dai 18 mesi in su), con uno zainone e un marsupio per tenere pannolini, fazzoletti, biscotti o altri oggetti di immediata necessità.

Dopo essere arrivati in aereo a Madrid, abbiamo preso un treno per Astorga e da lì, il primo pomeriggio del 29 maggio abbiamo iniziato a camminare.

La prima notte abbiamo dormito in un albergue con tanti altri pellegrini. La maggior parte era partita da Saint Jean, sui Pirenei, quindi si trovava in cammino da almeno due settimane.

Il giorno seguente abbiamo iniziato a fare sul serio, Jasna nonostante la tosse, ha vissuto con curiosità ed entusiasmo quell’insolita esperienza.

Ogni ora e mezza circa ci fermavamo per far scendere la piccola e lasciarla libera di correre un po’, poi ci rimettevamo in cammino, dando sfogo a tutto il repertorio musicale che avevamo in mente (e anche altro inventato).

Abbiamo iniziato la salita al monte Irago, dove siamo finiti in un albergue tutt’altro che ospitale..e proprio lì in mezzo alle montagne spagnole ci siamo resi conto di aver finito i pannolini! Un signore del paesino si è recato in macchina nella città più vicina (30 km) ed è tornato con un pacco di pannolini per Jasna…che gratitudine!!(nonostante fossero taglia 2..)

Non ci siamo lasciati spaventare dal freddo né dalla febbre serale della bimba (che al mattino dopo era scomparsa) e abbiamo continuato l’ascesa superando i 1400 metri della vetta e scendendo attraverso una discesa ripida e con un fondo sconnesso. Prima ci siamo fermati alla Cruz de Hierro, luogo simbolo dove i pellegrini sono soliti lasciare un sasso, simbolo delle proprie fatiche e dei propri peccati. E lì abbiamo lasciato due pietre portate dal nostro Friuli.

Il nostro Cammino è continuato con i i pellegrini che stavamo conoscendo giorno dopo giorno e che stavano diventando veri e propri compagni d’avventura.

Un giorno mentre camminavamo abbiamo notato sotto un albero un ragazzo che fumava e che ci ha salutati in italiano. “Mi avevano detto che c’erano degli italiani sul cammino, con una bambina con loro, complimenti!”.

In molti casi abbiamo scelto per dormire gli albergue privati, con la possibilità di una stanza tutta per noi: cosi riuscivamo a non disturbare gli altri pellegrini e ad avere uno spazio per noi più tranquillo. Certo i bagni erano sempre in comune e le pareti troppo sottili per non accorgersi dei russatori, ma altrimenti che pellegrinaggio sarebbe stato?!

Particolarmente emozionata è stata la salita a O Cebreiro, dove sorge una chiesa francescana. Lì inizia la Galizia, la verde regione che come paesaggi e come clima ricorda il nostro bel Friuli.

Siamo arrivati nella chiesa di O cebreiro dopo aver sfidato pioggia, vento, nebbia e freddo. Lì eravamo seriamente indecisi sul da farsi: proseguire o cedere al richiamo del taxi? Poi l’illuminazione di Ezio, mio marito: comprare un paio di calzettoni da uomo (impossibile trovare pantaloni da bimbo sul cammino) e metterli a Jasna come fossero autoreggenti! Incredibilmente lì tra i gadget del negozio c’era anche un paio di guantini minuscoli: della taglia giusta per la piccola. I segni erano chiari, bisognava andare avanti!

Abbiamo ripreso la marcia, e piano piano le nubi hanno lasciato spazio al sole.

I giorni seguenti è stato un susseguirsi di pioggia, vento e sprazzi di sereno. Abbiamo attraversato Sarria, dove quattro anni prima io avevo cominciato con mio papà il Cammino per la prima volta. Da lì era iniziato il mio viaggio personale verso il rafforzamento della fede e culminato con il matrimonio e con la nascita di Jasna.

Abbiamo superato il capitello che segnava il meno cento chilometri da Santiago e abbiamo iniziato a credere seriamente di poter arrivare in piazza Obradoiro (dove sorge la cattedrale).

Passo dopo passo la meta si avvicinava. Attraverso una pagina facebook creata per l’occasione ricevevamo tante parole d’affetto: gli amici ci incitavano ad andare avanti ed era come sentire una spinta più forte della stanchezza. I piedi di Ezio si sono riempiti di vesciche, le mie caviglie erano provate dallo sforzo e dal peso, ma la meta era lì, quasi a portata di mano.

Gli ultimi giorni abbiamo camminato lungo sentieri pieni di fango, abbiamo incontrato mucche, galli e cavalli. Abbiamo condiviso la camera con persone di tutto il mondo,  ricevuto la preghiera dei pellegrini, abbiamo abbracciato persone sconosciute, abbiamo gioito per una doccia calda e abbiamo guardato con fiducia al cielo, concentrandoci sugli spiragli di sole più che sulle nuvole grigie.

L’ultimo giorno abbiamo camminato più veloce per raggiungere Santiago e una volta entrati in città abbiamo rallentato il passo, per assaporare gli ultimi chilometri del cammino.

Siamo arrivati in piazza e anche se la facciata della chiesa era coperta dalle impalcature a noi è sembrata bellissima.

Siamo entrati in cattedrale, abbiamo visto volare il botafumeiro, abbiamo ricevuto la benedizione dei pellegrini e siamo andati sulla tomba dell’Apostolo, per dirgli grazie a nome nostro e a nome di chi ci ha seguito, incoraggiato, spronato.

Io non lo so se Jasna se lo ricorderà, se quando sarà grande guardando le foto vorrà tornare lungo quei sentieri. So che è stata un’esperienza unica. Sono stati momenti che hanno rafforzato ancora di più la nostra famiglia ed è stata  “una vacanza bellissima”, secondo nostra figlia.

No, non è da pazzi fare il Cammino con una bambina piccola. È da pazzi non rispondere alla chiamata di Santiago.

a cura di Erica Beltrame

 

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