Ho letto questa poesia di Silvana Stremiz (che ringrazio per averne autorizzato la pubblicazione per Misura Famiglia) dedicata alla madre e mi sono commossa:
( disegno di una bambina di 6 anni : mia mamma)
Ti guardo, Mamma.
Smarrita tra i ricordi
a caccia di memoria
con l’aria impaurita
di chi è quasi arrivata
all’ultima fermata.
Mi chiedi del tempo
che non posseggo
e un miracolo
che non posso concedere.
E io invece
chiedo per Te
la serenità
e il coraggio
per affrontare
questo ultimo
giro di giostra.
Ti tengo la mano
per scaldarti il cuore
ingannandoti
con una favola che non c’è.
Mamma
se non vuoi
non mollo la presa
ma non ti trattengo
oltre se sei pronta.
A volte è giusto
lasciarsi andare
mollare la stretta
e guardare le stelle
laddove tutti insieme
un giorno danzeremo.
Forse…
È giusto per Te
ed è giusto per Me
mollare la presa
e lasciarsi andare
anche se è tutto
tremendamente ingiusto,
anche se le lacrime
affogano il cuore.
© Silvana Stremiz
Ho sentito, attraverso questa lirica, vicinanza ad ogni figlia, ad ogni madre nel momento dell’ultimo saluto, in cui si definisce il valore di un viaggio profondo di condivisione e lo si trasforma in altro di significativo che rimane “oltre”.
Si salva il buono e il bello di ogni rapporto che ha rappresentato, nel suo cammino, l’incontro con la nostra femminilità.
Essere Donne prima che compagne, spose, madri , figlie presuppone conoscere chi siamo nella nostra essenza, i nostri desideri, speranze, doni, luci ed ombre che non si rivelano solo in una identificazione di ruolo.
Significa Definire i contorni del nostro fiore profumato, grazie e oltre, agli insegnamenti di una madre.
Ad un certo punto, da figlie diventiamo adulte, e lasciamo alle nostre spalle le risorse educative acquisite in vicinanza di nostra madre, che ci hanno regalato appartenenza. Tratteniamo, come dono, quanto sentiamo di prezioso nell’esempio ricevuto e, finalmente, guardiamo quanto resta di conflittuale e lo lasciamo andare.
Ci coloriamo di nuovo, abbracciando le nostre potenzialità peculiari, da esplorare per noi stesse e da donare ai nostri figli.
Ogni donna è terra calda, utero anche simbolico, da coltivare per far nascere un seme: un figlio, un progetto , un’idea.
Lei dona la vita perché è vita.
Incontro molte donne in consulenza pedagogica perché madri o perché semplicemente si interrogano sul senso da donare alla propria vita da e – ducare, traendolo fuori da se stesse.
Sono attente, critiche, generose, disponibili all’ascolto, hanno compassione e sguardo ampio, sono previdenti, pazienti e tenaci.
Riescono a mettersi in discussione.
Alle volte, si sentono caricate di un ruolo, o funzione genitoriale, che si donano come opportunità, ma che, alle volte, non vivono in pienezza ma in modo conflittuale.
Incontro Madri che non sanno più che “donne sono”: hanno dimenticato di desiderare e di sognare perché, da anni, si sono identificate nell’essere madri, spose, donne che lavorano, sacrificando parti di sé.
Eppure, vedo in loro il desiderio di ricercare, crescere e migliorare per recuperare dimensioni che hanno perduto di se stesse e per se stesse, donandosi “cura” e amore.
Non è un caso che una donna acceda più facilmente, per sua scelta, a ogni consulenza psicologica , di Counseling, educativa , etc.
Voglio sperare che la ricchezza del mondo di una donna fatto di luci e ombre, possa essere pienamente colta da un uomo capace di accarezzarne l’essenza senza snaturarla ; in grado di gioire della sua bellezza senza calpestarne il profumo; attento nello sfiorare le sue fragilità senza pretendere forza e sicurezza in cambio.
Un uomo consapevole della sua interezza e capace di farne condivisione, in un dare ed avere sempre in movimento vitale.
Il viaggio a due, io personalmente, lo sento ancora come un bel ponte costruito tra due sponde, diverse per natura ed utili entrambe, allo scorrere del fiume della vita.
dott.ssa Rosa Rita Formica
Pedagogista
(www.formicarosarita.it)