La parola AGGRESSIVITÀ letteralmente significa “andare verso“. Nel suo significato originario essa sta a rappresentare un movimento verso qualcosa o qualcuno; la sua funzione è quindi quella di muovere la persona verso una meta, un oggetto, un’altra persona ecc. Alla base di ogni “movimento verso”, c’è un bisogno o un desiderio da soddisfare e nei rapporti interpersonali l’aggressività è l’emozione-movimento che ci permette di prendere le cose e gli affetti di cui necessitiamo per il nostro benessere.
La capacità di aggredire l’ambiente è fondamentale anche per la costruzione dell’identità e della sicurezza interiore, in quanto il nucleo portante della nostra identità si costituisce nei primi anni di vita nella relazione con l’ambiente ed il senso profondo di sicurezza, forza e integrità si consolida nel saper chiedere e prendere ciò di cui abbiamo bisogno.
A volte risulta difficile comprendere come l’aggressività possa essere affettuosa e giocosa: quando la mamma fa il solletico al proprio bambino c’è una forza di tipo giocoso, ma non ha nulla a che fare con la cattiveria e la distruttività. I bambini amano molto venire schiacciati sul materasso e sbatacchiati, lanciati in aria, misurarsi in giochi di forza anche con gli adulti: quando giocano in questo modo ridono di cuore.
Solamente se, ad esempio, i bambini hanno esperienze di rimproveri pesanti, attacchi, critiche continue, se non vedono che con la forza ci si può divertire, allora perdono l’aggressività affettuosa. Si perde la capacità di tirare l’altro amichevolmente dalla propria parte, ci si irrigidisce nelle proprie posizioni, si impongono aut aut violenti. In questo senso, meno ci si esprime con forza in modo tranquillo e aperto, più si accumula rabbia e rancore; la forza allora diventa distruttiva ed esplosiva divenendo aggressione.
L’aggressione è una aggressività volta a colpire, perciò dovrebbe essere usata solamente per difenderci da qualcuno che volesse farci del male, in caso di pericolo. Nelle sue alterazioni diventa violenza gratuita. È chiaro che chi utilizza questa modalità alterata dell’aggressività, non sente più di avere la possibilità di farsi intendere con la forza calma, (che va allora in questi casi recuperata).
I termini aggressività, rabbia e violenza vengono spesso usati come sinonimi, per descrivere comportamenti di sopraffazione, giudicati negativamente e condannati; questa semplificazione di significati è dovuta anche al fatto che frequentemente la persona non distingue chiaramente questi affetti dentro di sé, ma li vive come un’unica manifestazione emotiva. In certe condizioni infatti l’aggressività può trasformarsi in rabbia e la rabbia in violenza e quando, nella persona, queste trasformazioni diventano automatismi inconsapevoli, anche i sentimenti si confondono e perdono il loro significato profondo ed originario.
Il neonato ed il bambino manifestano in modo esplicito l’aggressività e la rabbia: di fronte a questi comportamenti spesso noi adulti rimaniamo un po’ sconcertati o stupiti, proviamo imbarazzo, invidia, paura ecc.; questo perché non siamo più capaci di esprimere in modo diretto e chiaro le emozioni, ed ancor meno l’aggressività finalizzata alla soddisfazione dei bisogni (siano essi fame, desiderio di essere abbracciati, prendere il genitore o la persona amata, prendere un gioco o altro).
Nel tentativo di contenere la violenza, la nostra cultura male accetta anche l’aggressività e fin da piccoli impariamo a reprimerla, inibirla o mascherarla; ma l’inibizione dell’aggressività porta alla rabbia (che è l’emozione suscitata dalla frustrazione o dalla proibizione) e la repressione della rabbia (perché considerata ancor più “pericolosa” dell’aggressività) porta a rancore (un misto di rabbia trattenuta e di paura), chiusura e spesso alla violenza (da violare = offendere, danneggiare…).
In conclusione, si può affermare che l’espressione dell’aggressività permette “di prendere”, di essere forti e di esprimerlo, di farsi spazio nella vita affrontando le difficoltà e gli impedimenti; la rabbia permette di affrontare e risolvere situazioni di sopruso; la repressione dell’aggressività e della rabbia porta a riduzione della capacità di prendere, con il conseguente accumulo di rancore, odio e talvolta violenza.
a cura di Erica Cossettini
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