Ci riferiamo in particolare al rischio di emarginazione del bambino obeso, che influisce in maniera determinante sullo sviluppo della sua psicologia. Il bambino obeso è spesso oggetto di derisione e rifiuto da parte dei compagni, in gran parte a causa di un diffuso e ingiustificato pregiudizio verso l’obesità presente nella nostra società. Questo atteggiamento negativo è presente in tutte le età, in tutte le classi sociali, nel personale sanitario e negli stessi individui obesi. Le conseguenze sull’autostima e sull’integrazione sociale sono importanti e conducono a quel circolo vizioso in cui il bambino obeso, in difficoltà nei rapporti con gli altri e in particolare nelle attività sportive, si convince di avere poche risorse personali, assume modalità comunicative non assertive e adotta un atteggiamento rinunciatario che lo porta a preferire occupazioni sedentarie e solitarie (TV e videogiochi). L’obesità finisce per assumere la funzione di organizzatore dell’attività mentale e diventare la spiegazione semplificata di tutti gli eventi della vita.
Il disagio del bambino obeso si gioca primariamente sul fronte dell’immagine corporea. L’immagine corporea è il modo in cui una persona considera e sperimenta il proprio corpo. Ha a che fare con il modo di percepirsi, con le convinzioni, con i sentimenti che il nostro corpo ci suscita, in base alla nostra storia personale, al rapporto con gli altri e al contesto culturale a cui apparteniamo. Naturalmente tutte queste componenti interagiscono reciprocamente tra loro. Un’esperienza negativa, come ad esempio una presa in giro, può portare a sviluppare convinzioni sfavorevoli rispetto alla nostra immagine: tali convinzioni predisporranno a loro volta ad una emotività caratterizzata da insicurezza legata alla paura di poter essere giudicati negativamente.
La nostra immagine corporea diventa negativa, e quindi fonte di insicurezza, quanto più sentiamo che il nostro aspetto reale si discosta dagli ideali estetici a cui la società fa riferimento. Il fatto che la magrezza negli ultimi decenni sia diventata un valore “etico”, necessario per attribuire o meno valore ad una persona, ha portato ad un diffuso sentimento di insoddisfazione per il proprio corpo largamente presente tra la popolazione, al punto da diventare un elemento strutturale della nostra esistenza.
Questo atteggiamento è riscontrabile anche nei soggetti molto giovani. Alcuni studi, effettuati negli Stati Uniti, in Australia e in Inghilterra, indicano che quote significative di bambini sin dalle elementari sono scontenti del loro peso e della forma del corpo. Circa il 40% delle bambine e il 25% dei maschi mostravano insoddisfazione per la propria taglia e esprimevano il desiderio di essere più magri. Tra le ragazze adolescenti questi risultati erano ancora più estremi, con un’oscillazione tra il 50 e l’80%.
Analoghi risultati sono stati osservati anche in studi condotti su adolescenti italiani. Uno studio su 400 studenti nella zona di Padova segnala che il 98% delle studentesse e il 90% dei ragazzi riferiscono di provare disagio per almeno una parte o caratteristica del proprio corpo.
Il disagio psicologico nell’obesità infantile diviene rilevante quando si affianca alle prese in giro, a volte sottovalutate anche in famiglia, alla derisione e all’evitamento da parte di coetanei, compagni di scuola o amici. Il ragazzo percepisce chiaramente l’importanza che l’ambiente sociale attribuisce all’aspetto esteriore e ne fa un limite invalicabile.
I genitori possono influire sullo sviluppo dell’immagine corporea dei figli attraverso commenti sull’aspetto fisico, sul modo di vestire, oppure richiedendo di aderire a particolari modelli estetici o invitandoli a fare attenzione al loro modo di mangiare per evitare di ingrassare. Ma ciò che risulta ancora più determinante è la presenza dello stesso disagio nei genitori stessi. Genitori che attribuiscono grande importanza all’aspetto fisico, che praticano diete restrittive o che fanno esercizio fisico per controllare il peso, possono inconsapevolmente trasmettere il messaggio che è importante focalizzare la propria attenzione sull’apparenza esteriore. Al contrario, un’attenzione positiva al corpo, nella capacità di entrare in contatto, nella sua valorizzazione e nella capacità di recare piacere, rappresenta un fattore protettivo di grande valore.