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Perché è così importante portare un bebè

Ho avuto quattro figli in tre decenni diversi, e nessuno più di me sa quanto gli stili di maternage siano influenzati, almeno qui in Italia, da mode e diktat che cambiano con il tempo. Una cosa che è di moda nei nostri anni è il portare il bambino con la fascia, o con il marsupio “rigorosamente” ergonomico. Ma è una moda?
È anche una moda, che sostiene un mercato (ci sono mamme che cadono nell’acquisto compulsivo e hanno più fasce che scarpe o borsette), ma è anche una risorsa importantissima.

La fascia, o il marsupio, permettono alla mamma di assecondare il bisogno di contatto del bambino, e anche il proprio. Mamma e bambino sono stati uniti per nove mesi, separati durante un momento iniziatico emotivamente travolgente per entrambi (il parto), seguito da una ondata di ormoni che rendono l’esperienza intensissima e creano un legame indissolubile.
Rientrati a casa la mamma si trova ad avere a che fare con questa piccola creatura ormai fuori di se, che ha bisogno di tutto, di essere nutrito, accudito, pulito, coccolato.

Contemporaneamente, la scomparsa dei cortili, dei grandi clan familiari, non permette alla donna (come dovrebbe) di essere accudita e nutrita dalle sue sorelle e simili, le donne del suo clan per almeno 40 giorni, il tempo del puerperio. La donna di oggi si ritrova a casa, sola dopo una settimana o quindici giorni in cui il marito ha preso ferie o la sua stessa madre si è spostata da lei per accudirla. In molti casi neanche questo.

In una casa, oltre al bebè, ci sono tante cose da fare, cucinare, pulire, riassettare. Come può una donna, disabituata a chiedere aiuto e a riceverlo, occuparsi di se e del proprio bebè come la situazione meriterebbe, e trascurare tutto il resto? Nella pancia era più facile, la donna cullava, coccolava, conteneva e nutriva il bambino e contemporaneamente, pur ingrossata e rallentata, poteva occuparsi di tutte le faccende di casa.

Ho conosciuto mamme internamente straziate perché gli era stato insegnato “di non tenere troppo in braccio il bambino, di metterlo giù subito dopo la poppata, perché se no si vizia, ti toccherà tenerlo in braccio SEMPRE, e non riuscirai a fare più nulla”. In molti casi questi bimbi, che anelano alla mamma quanto la mamma anela loro, piangono spesso e chiedono spesso il seno.

Se la mamma nutre al seno a richiesta, il bimbo capisce che quello è il modo di ottenere contatto e contenimento, e lo chiede sempre di più, instaurando un circolo vizioso che a volte porta i pediatri poco attenti a consigliare una aggiunta alla mamma “straziata” perché possa riposare un po’. Rischiando di mettere a repentaglio allattamento al seno e autostima della mamma senza risolvere il problema.

Anzi, insegnando al bimbo che se ha bisogno di coccole e contenimento, la risposta che può ottenere è cibo industriale (l’anticamera della obesità infantile – non è un caso che in America dove c’è il più alto tasso al mondo di allattati artificialmente ci sia anche il più alto tasso di obesi). Ma la mamma in realtà ha lo stesso bisogno del bambino, sentirsi felice e appagata in quel contatto che ha creato questa mamma e questa nuova vita.

Ecco portare il bambino con marsupi, fasce, sciarpe quello che è (senza nulla togliere al discorso ergonomicità ecc.), è quello che può aiutare una mamma, spesso sola, che deve fare le faccende di casa minime per sopravvivere in una casa, e contemporaneamente vorrebbe sentirsi ancora una cosa sola con il proprio bebè.
Si perché diciamolo, è così per molte di noi, non è solo il bimbo che lo chiede. E’ che alcune di noi sono poco consapevoli, o distratte dal “devo, devo devo”.

E allora si, PORTIAMO IL NOSTRO BAMBINO, e culliamoci con lui, mentre facciamo una passeggiata le prime volte, così capirà che è una cosa bella… e poi lo potremo portare anche mentre riassettiamo o cuciniamo.

Ho trovato questa immagine che sintetizza la grande risorsa che è il portare, secondo me. Ho tradotto l’inglese, a modo mio…

porta

“Sono un bimbo portato, e sono benedetto.
Il mondo fuori è nuovo, strano, freddo e troppo pieno di spazio.
Ma qui nelle braccia avvolgenti che mi sollevano , sono vicino, sono al caldo, sono al sicuro.
Non cadrò.
Riposando qui ritrovo i ritmi familiari del mio viaggio, non verrò lasciato indietro, appartengo, mi sento di appartenere. Sono un bimbo portato, e sono fortunato.
Ho un bimbo portato e sono benedetta. Questa piccola vita è così nuova, così fragile, così amata, che mi fa piangere. Ma qui, cullato nelle mie braccia, sul mio petto, tenuto vicino, il mio bimbo riposa, sicuro, in pace.
Non fallirò.
Tenendo il mio bimbo tra le braccia scopro ancora una volta la forza dentro di me.
Cresceremo insieme, ci apparteniamo.
Ho un bimbo portato, e sono fortunata.”

P.S. non tutti i bimbi amano così tanto essere portati, e non tutte le mamme amano portare….
Se non fa per voi, o per il vostro bimbo, non fatevi venire sensi di colpa e non costringetevi (anche se a volte si tratta semplicemente di portare le prime volte per puro piacere, fuori di casa, per passeggiare, e non in casa per cucinare!)
Se sta tranquillo nel passeggino, va bene così, trovate però il vostro modo per coccolarlo/vi perché questo tempo non torna più ed è importantissimo per creare il legame che durerà tutta la vita.

a cura di Madre Natura, tra Cavoli e Cicogne

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