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Adolescenza, come cambia il corpo e l’immagine di sé

adolescentiL’adolescenza rappresenta la fase evolutiva più delicata nella costruzione dell’identità. Per gli adulti, e soprattutto per i genitori, a volte risulta difficile capire il linguaggio degli adolescenti. La difficoltà nasce dal fatto che i ragazzi stessi non sono in grado di decifrare i cambiamenti che avvengono ed allo stesso tempo hanno bisogno di allontanarsi dai genitori per sentirsi “grandi”, individui separati. In questa fase, i confidenti diventano i coetanei, l’amica o l’amico del cuore. A volte i genitori vivono con preoccupazione questo distacco in quanto è sempre più difficile capire e dare il giusto peso ad alcuni comportamenti che mettono in allarme.

Le trasformazioni del corpo in adolescenza, il passaggio dal corpo infantile al corpo adulto richiedono da parte dell’individuo un importante lavoro di elaborazione psichica. Con la maturazione dell’apparato sessuale e riproduttivo a cambiare non è solo il corpo, ma l’immagine di se stesso. La strada che porta l’adolescente ad integrare le rappresentazioni della sua nuova corporeità non è priva di difficoltà.

L’adolescente si confronta con un corpo doppio. Al corpo della prima infanzia, angelico, familiare, non consapevole dei suoi limiti, e nel quale si sono sedimentate le tracce delle esperienze successive di piacere e dispiacere, che in realtà sono tutta la sua storia, si contrappone il corpo pubere, nuovo, sessuale, non familiare, difficile da definire perchè è il luogo di vissuti sconosciuti, ogni giorno diverso, cui nessuna parola può dare un senso.

Il corpo del bambino non è abitato dal suo divenire: la vecchiaia, la malattia, la morte sono appannaggio del corpo adolescenziale. Questo ha delle conseguenze per la relazione che l’adolescente sviluppa col progetto futuro. Tipiche dell’adolescenza sono le riflessioni sul senso della vita, per la prima volta l’individuo sente di esser parte di un ciclo vitale che è proprio di ogni essere umano.

L’esito favorevole dell’adolescenza dipende dalla capacità di unificare questi due corpi sotto il primato del piacere genitale e della complementarietà dei due sessi.

Il senso di estraneità associato alla pubertà, la perdita dei riferimenti e dei limiti che ne deriva, portano l’adolescente a trattare il corpo come un oggetto esterno alla sua vita psichica.

Trattato come un oggetto che non fa parte di sé, il corpo può essere depositario dell’odio, dell’aggressività, dell’invidia, cioè di tutti gli affetti minacciosi per il proprio mondo interno. Questo statuto di oggetto parzialmente esterno è generalmente transitorio.

Ci vorrà un lungo periodo di familiarizzazione per ricostruirsi un’immagine, riconoscersi e perchè si consolidi un sentimento di identità in continuità con la storia infantile, eppure in rottura con essa.

Se lo sforzo per riconoscere e integrare il corpo sessuato fallisce, le conseguenze possono essere importanti. Ne sono testimonianza i sintomi di sofferenza psichica costituiti da attacchi alla propria corporeità come si manifestano nelle condotte autolesive e nei disturbi della condotta alimentare.

Si contano molti casi di adolescenti che esprimono il proprio scacco evolutivo nel processo di integrazione dell’immagine corporea attraverso l’adozione di diete estreme, alterando in modo drammatico la propria condotta alimentare fino ad ottenere effetti imponenti sulla morfologia del corpo e il suo naturale funzionamento. Tali pratiche hanno l’obiettivo di attaccare la dimensione sessuata e generativa del corpo a favore di una immagine dello stesso molto primitiva e indifferenziata. Questo atteggiamento dimostra quanto possa essere importante per alcune adolescenti in crisi esercitare una drammatica padronanza sulle trasformazioni adolescenziali e quanto sia essenziale difendere l’immagine del corpo che precede la differenziazione di genere.

Diversi studi sottolineano che i comportamenti auto-aggressivi sono diffusi soprattutto fra gli adolescenti e in particolare fra le ragazze. La pratica più comune consiste nel procurarsi dei tagli sugli avambracci o di provocarsi del dolore con atti impulsivi che diventano gesti compulsivi.

Viene qui attribuito al corpo il ruolo di valvola di sfogo, una via di uscita per tutte quelle sensazioni negative che prova l’adolescente, come se farsi del male fosse l’unico modo per mettere a tacere percezioni interne troppo dolorose per essere esperite e che non hanno un corrispettivo sul piano simbolico.

La pelle diventa il mezzo attraverso il quale l’individuo può dare dei connotati all’angoscia profonda e poterla controllare, per non esserne sopraffatto, usando le condotte compulsive autolesionistiche.

Le manipolazioni del corpo e della pelle introdotte dalla moda dei piercing e dei tatuaggi, invece, possono essere considerate come modi per adempiere al compito di maturare dentro di sé un’immagine del corpo che sia in sintonia con i cambiamenti che stanno avvenendo.

Si tratta di pratiche che non hanno intenti aggressivi o di protesta e che rispondono al bisogno di ornare, abbellire, valorizzare e completare la corporeità naturale attraverso una ritualità, a volte anche dolorosa, che favorisce l’accesso ad una maggiore consapevolezza del corpo come strumento relazionale, come significante di sé e della propria storia e che regala la convinzione di poter portare indelebilmente alla luce la conquista profonda di nuove rappresentazioni di sé.
Birraux A. (1993), L’adolescente e il suo corpo, Borla, Roma
Maggiolini A., Pietropolli Charmet G. a cura di (2008), Manuale di psicologia dell’adolescenza: compiti e conflitti, Franco Angeli

Dott.ssa Elisa Elegante
Psicologa Psicoterapeuta

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