Gli antibiotici sono farmaci di grandissimo rilievo che hanno migliorato in modo sostanziale la possibilità di cura di moltissime malattie, permettendo di salvare milioni di persone da patologie un tempo considerate incurabili. Essi continuano ad avere un ruolo cruciale per la sopravvivenza ma, come spesso avviene per ciò che agli occhi di tutti appare come una misura salvavita, il loro uso è frequentemente diverso da quello che le loro caratteristiche vorrebbero, con conseguenze pratiche tutt’altro che trascurabili.
Gli antibiotici sono farmaci capaci di eliminare, uccidendoli o impedendone la moltiplicazione, i batteri. Sono questi microrganismi autonomi sui quali gli antibiotici agiscono interferendo sui processi che permettono ai batteri stessi di sopravvivere e di moltiplicarsi.
I batteri sono causa di moltissime malattie dalle più semplici come faringite o otite alle più complesse e gravi come le polmoniti, le meningiti o le sepsi. Tuttavia, le stesse malattie possono essere dovute anche ad altri agenti infettivi, i virus.
Sono questi microrganismi non autonomi che vivono all’interno delle cellule, a spese di queste. Proprio perché non hanno un metabolismo sul quale gli antibiotici possano agire, i virus non risentono dell’azione degli antibiotici. È chiaro, quindi, che se una malattia è dovuta a un batterio, si può prescrivere un antibiotico e pensare che questo la guarisca ma se è in gioco un virus l’antibiotico non avrà alcun effetto.
È chiaro, quindi, che il primo problema che il medico deve risolvere quando diagnostica una malattia potenzialmente dovuta a batteri e a virus è quello della differenziazione delle due forme. Ciò non è affatto facile perché in molti casi i sintomi sono sovrapponibili e neppure gli esami di laboratorio permettono la distinzione.
In questi casi è il buon senso clinico e la conoscenza della epidemiologia e della gravità delle diverse forme a fare decidere se prescrivere o no antibiotici. Tipico è il caso delle infezioni respiratorie dei bambini, molto comuni e spesso ampiamente ricorrenti, In questi casi, si sa che le forme sono dovute in più dell’80% dei casi a virus, che queste sono in genere molte lievi, che le poche forme batteriche sono, di solito, più gravi e durano di più, tendendo a peggiorare se non curate. Questo spiega perché i pediatri non prescrivono antibiotici nella stragrande maggioranza dei casi di infezione delle vie aeree superiori e nelle forme simil-influenzali, limitandosi a dare questi farmaci solo nei casi gravi e in quelli nei quali dopo 48-72 ore dall’inizio, la malattia non è spontaneamente guarita.
Purtroppo, non tutti i medici sanno resistere alla tentazione di prescrivere antibiotici fin dalle prime ore di febbre anche nei casi palesemente di scarso rilievo clinico nella erronea presunzione di proteggere il paziente da rischi inesistenti.
Si deve, infatti, ricordare che la somministrazione di antibiotici in forme virali non riduce il rischio che batteri possano sovrapporsi ai virus così che interventi di questo tipo sono doppiamente sbagliati, non curano l’infezione iniziale e non evitano che, come talora avviene, batteri possono infettare le vie respiratorie lese dai virus. L’esagerato uso di antibiotici ha due importanti conseguenze. La prima è quella di innalzare senza ragione i costi dell’assistenza sanitaria, la seconda è quello di rendere, lentamente ma inesorabilmente, non più efficace il farmaco prescritto inutilmente. In genere, un antibiotico attivo su di una determinata specie batterica è in grado di eliminare tutti i microrganismi appartenenti a quella specie.
Nel tempo, tuttavia, i batteri, continuamente esposti a un certo farmaco che li uccide, imparano a difendersi, modificando le proprie caratteristiche. Emergono, cioè, stipiti resistenti.
Fino a quando questi sono una minoranza, il loro impatto pratico resta modesto. Tuttavia, se si continua a usare quell’antibiotico, questo continuerà a eliminare i batteri sensibili ma lascerà inalterati quelli resistenti che, progressivamente diventeranno la maggioranza. A questo punto quell’antibiotico è perso perché usarlo vuol dire esporre il paziente a un elevato rischio di fallimento terapeutico. Il fenomeno della selezione delle resistenze è inevitabile perché gli antibiotici hanno una loro innegabile utilità e vi sono condizioni in cui sono indispensabili. Tuttavia, un loro impiego scriteriato accelera la selezione e accorcia inevitabilmente la vita media di un farmaco, rendendo sempre più difficile affrontare le malattie per le quali gli antibiotici servono veramente.
(da corriere.it)