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Prendersi cura dei nostri figli: i consigli della dott.ssa Formica e una fiaba per chi crede nella ricchezza del dono

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curaMentre osservavo il sole al tramonto, in un poetico accarezzare l’orizzonte, ho riflettuto sul “prendersi cura”. Il Sole con il suo calore e la Terra con il suo nutrimento, si prendono cura dell’uomo. Lo fanno ogni ora, ogni giorno, ogni stagione. Il ritmo e la costanza sono la loro musica.
Quanti gesti “di cura” facciamo noi, uomini, quotidianamente, non solo verso i nostri figli? Piccoli amorevoli atti, creativi e rivoluzionari al tempo stesso, in cui abbiamo a cuore qualcuno o qualcosa fuori di noi: un  figlio, un compagno/a, un progetto, un animale, un libro, una pianta, un fiore, un pezzo di terra, la natura stessa etc.

Avere a cuore significa avere il cuore colmo e non vuoto, essere pronti a far scorrere la sua energia in altro: ne nasce una preziosa alchimia!
Ripenso alla bellissima canzone di Franco Battiato “La cura” e alle riflessioni che induce sull’accogliere le personali e le altrui fragilità in un costante rimando al termine ad essa associato: “protezione”! Protezione anche della diversità di ognuno (“sei un essere speciale e io avrò cura di te”) che diventa un dono grande per ogni relazione.

Di cura, ne parlavo ieri, con mia figlia adolescente, mentre l’accompagnavo nel non facile compito di rispettare le sue mansioni quotidiane. Gli adolescenti hanno un ordine tutto loro sia interiore sia esteriore e la ribellione pare  essere l’unica medicina per far combaciare  il dentro con il fuori. L’andare contro corrente, la si ritrova come esperienza nei comportamenti, nell’abbigliamento etc.

Visioni opposte, in quell’età, reggono in armonia. I genitori vengono contestati per differenziare il proprio Essere e gli altri, al di fuori della famiglia (preferibilmente  amici) hanno parole preziose, sagge e indiscutibili. Ecco “solo alcuni” temi dell’adolescenza!

Sorrido e mantengo la rotta ferma della barca genitoriale in condivisione con il padre, utile sinergia in questa fase. Perché è noto, che gli adolescenti chiedono dialogo, possibilità, sguardi che si modificano, mediazioni ma anche punti fermi. In questa fase, i genitori debbono fare i conti, di nuovo, con le loro ribellioni personali, nodi emotivi non risolti, lontani ma ancora in dialogo vivace interiore. Prendersi cura, ascoltare anch’essi, è saggia risposta educativa. I genitori sono stati anche essi figli, bambini, adolescenti etc. alle prese con genitori e regole ingombranti!

“Prendersi cura” di ciò e chi si ama, lo trovo un atto prezioso da donare ai figli, come esempio educativo. È un percorso lento, invisibile ma costante, dove non esistono i picchi di entusiasmo che scemano velocemente e richiedono esiti e risposte immediate ma un fuoco costante e continuo. È un ritmo rispettoso dell’Amore. Conservo la speranza che mia figlia veda tutto questo di suo padre e di sua madre, al di là di conflitti e tensioni generazionali, personali , normali di un’ età. Auspico le resti nel cuore il seme del significato profondo che ha… Prendersi cura di sé, delle proprie fragilità e forze, dei propri progetti e prendersi anche cura  di chi, con amore, ci guarda sorridere o piangere ogni giorno che il sole nasce.

Perché in ogni atto di cura, esiste uno sguardo luminoso che infonde “speranza e fiducia” verso il futuro, verso se stessi e verso l’altro. La linfa più preziosa della pianta della Vita.

rugiadaLa storia di Goccia di Rugiada

Fiaba dedicata a chi crede nella ricchezza del dono: “ ti dono ciò che sono e ricevo in dono ciò che sei” .

Fragile e leggera, quasi uno specchio d’acqua, una goccia di rugiada si posò su di uno stelo d’erba.
Rimase ferma in bilico, nell’ebrezza di una prossima caduta sul terreno già bagnato dalla pioggia.
Una volta a terra si sarebbe confusa tra i fili d’erba che la primavera alle porte faceva spuntare verdi ed esili verso il cielo.
Si crogiolò dondolandosi lentamente da quella posizione così speciale.
Da lì poteva vedere il mondo tutto attorno e questo si rispecchiava in lei, con una riflessione di mille tonalità, quelle dell’arcobaleno. Quanti luccichii si sentiva dentro, quanto fremeva in lei il desiderio di utilizzare la tavolozza piena zeppa di colori che proiettava tutta attorno.
La primavera alle porte, rendeva la natura rigogliosa e piena di vita pronta a esplodere.
Tutto questo lei sentiva dentro di sé.
Poi, una viola appena spuntata nel prato guardò in alto con la sua corolla e si ammirò in quello specchio. “Sono abbastanza carina e colorata; sono pronta ad attirare l’ape con il mio profumo!” pensò, ma mentre così ragionava tra sé, si accorse di due piccoli occhi che la stavano osservando dentro quello specchio fatato.
“Come ti chiami?” chiese con una vocina delicata.
“Sono Ada!” le rispose la goccia di rugiada.
“Da dove vieni, con i tuoi bellissimi bagliori di luce?” le chiese il piccolo fiore.
“Provengo da una nuvola bianca e soffice che sino a poco tempo fa mi ha ospitata con amore. Ero nebbiolina inconsistente, poi, durante la notte, per l’abbassarsi della temperatura, mi sono sentita pesante e sono precipitata, risvegliandomi dal dolce sonno. Una caduta veloce, sconvolgente che mi ha fatto crescere improvvisamente. Il filo d’erba mi ha accolto nel suo stelo e ora aspetto di bagnare il terreno con la mia acqua pulita.”
“Anche per me, è risveglio di primavera” rispose la violetta “ sono stata piccolo bulbo sotto terra, poi, ai primi raggi caldi del sole, mi sono spinta verso l’alto e ho abbracciato la luce del giorno”
“Sei molto bella e profumata” si complimentò Ada “ presto un bambino ti raccoglierà per la sua mamma.”
“Sai, cara amica, lo spero proprio, anche se sento di avere molta sete e il terreno qui, vicino a me è molto secco.”
Ada pensò un po’, poi capì che per lei era arrivato il momento di donarsi a qualcuno per una giusta ragione.
“Mi scrollerò dall’esile stelo d’erba e scivolerò tra le tue braccia” disse la goccia di rugiada.
“E tu fai questo per me?” risposte stupita la violetta.
“Sì, lo faccio perché solo diventando altro, posso continuare il ciclo della vita”.
Così dicendo, iniziò una danza leggera, armonica e dondolando, lentamente scivolò verso il basso e si fuse in un abbraccio con la corolla del piccolo fiore viola.
Il sole dall’alto sorrise di questo dono, e ringraziò la giornata che sapeva regalare questi momenti di gioia.
La violetta bevve assetata l’acqua che la rugiada le aveva donato con amore ,si rallegrò e fu grata di avere incontrato una grande amica.
Il giorno dopo, un bimbo piccolino, ciondolando nel suo incedere incerto verso l’autonomia dei primi passi, passò di lì e cadde proprio vicino al fiore.
Lo vide e stupito di quella novità, tese la manina verso il suo stelo e lo afferrò con forza e ingenuità.
Uno strillo di gioia fece spaventare la sua mamma che corse trafelata vicino a lui. Quando vide la violetta in mano al suo figliolo, sorrise.
Lui gliela tese con un gesto innocente.
Tutto si consumò in poco tempo.
Tutto si riempì di magia e di significato.
La viola fu felice di aver donato la primavera a quel piccino, di aver scaldato il cuore a quella mamma.
Di lì a poco, forse si sarebbe seccata, ma il suo essere spuntata era servita a questo: ad incontrare una goccia di rugiada, che in lei aveva brillato, a far sorridere un bambino che in lei aveva amato la mamma.
Una rondine volò bassa e respirò l’ultimo profumo di una viola.

a cura della dott.ssa Rosa Rita Formica
Pedagogista (www.formicarosarita.it)

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