“È la prima volta che non so come passerò il giorno di Natale. L’anno scorso, come sempre fino allora, la mamma ed il papà mi hanno svegliato dopo mezzanotte perché erano arrivati i regali. Anche se in effetti non occorreva mi svegliassero: ero stato sveglio a sentirli mentre sistemavano i pacchi sotto l’albero facendo poi finta che era stato Gesù bambino a portarli. Siccome pareva proprio fossero convinti, glielo lasciavo credere. Come non fosse bastato questo a tenermi gli occhi spalancati, avevano aggiunto anche i continui litigi che ormai da tempo condivano la nostra famiglia. Quest’anno sarà diverso; niente sveglia a mezzanotte e nemmeno niente litigi sotto l’albero. Papà è andato ad abitare in un’altra casa e qui sono solo con la mamma, che mi pare non abbia nessuna voglia di festeggiare. Forse neanche di fare regali. E io non so bene cosa fare; far finta di niente? Nessuno sembra volermi dire nulla di sicuro.
Papà mi ha promesso che mi passa a prendere domani mattina e che devo farmi trovare pronto, perché non vuole discussioni con la mamma.
La mamma mi ha detto che vedrà se potrò andare dal papà; ma alla fine credo che ci potrò andare. Anche perché in effetti andiamo a casa dei nonni, così potrò stare un po’ anche con loro, che è tanto che non li vedo. Come regalo di Natale ho fatto un disegno a ciascuno; ma come faccio a fargli la sorpresa! E la mamma che fa da sola? Mi dispiace lasciarla proprio quando sarebbe bello essere tutti assieme. Mi piacerebbe tanto, ma cosa potrei fare io?”.
In generale questi i pensieri che si affastellano nella mente di un bambino che comincia a vivere il Natale in una separazione. Rivedere quelle abitudini che prima erano di gioia e che ora gli si sono trasformate in problemi. Trasformate in problemi dagli adulti che non hanno saputo mediare fra i loro risentimenti e l’amore che un figlio ha per i genitori. Problemi che lo portano a sentirsi inutile, inadeguato, lui addirittura fonte di problemi per i suoi genitori.
Ciò accade quando le separazioni avvengono, come nella maggior parte dei casi, in modo conflittuale. Quando le regole sono fissate da un terzo estraneo (il Giudice) e quindi mal digerite da entrambi i diretti interessati, perché non scelte da loro. Quando i bambini divengono attori passivi di una situazione non voluta e di condizioni decise da altri, sconosciuti.
Nemmeno dai loro genitori.
Questi, accecati dalla reciproca rabbia, nemmeno riescono ad intuire la loro pochezza nel non essere stati capaci di trovare un accordo nemmeno per una cosa semplice come il trascorrere una giornata di festa con il loro bambino. E lui, il piccolo, come sempre si trova sballottato fra le esigenze e le rabbie dell’uno e fra le esigenze e le rabbie dell’altro; disarmato, già arreso, che si sente inutile.
“I miei genitori non vivono più assieme; ma sono sempre i miei genitori e io gli voglio bene come prima, anche se per loro questo sembra impossibile. Non potrebbero smetterla, almeno oggi? Se non cambiano va a finire che i regali che mi faranno glieli tiro tutti sulla testa”.
di Elena Mazzocchi e Gaddo de Anna
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